N°4 – Dicembre 2021

N°4 – Dicembre 2021

Buongiorno sognatori!

Siete tornati da quel piccolo villaggio russo un po’ infreddoliti, quindi per oggi nessun volo per mete lontane…

Abbiamo le valigie pronte, i sogni immacolati e la voglia di vivere nuovamente!

Calma, calma, anche oggi sconfineremo pur rimanendo molto vicini.

Sognatore, dove ci porti?

A scoprire al matt (il matto)…

Chi?

Il matto!

Continuiamo a non capire…

Il matto… Antonio Ligabue

Avanti seguitemi in questo nuovo viaggio…

Antonio è tra i pittori più amati del Novecento, considerato il pittor naif per antonomasia.

La grandezza di Ligabue sta soprattutto nella sua dimensione di autentico primitivo, di artista che dipinge senza formalismi ma solo perché spinto da una necessità interiore che non risponde ad alcun preconcetto o ad alcun retaggio derivante da studio o tradizione: per Ligabue l’arte è un’esigenza innata.

Sono diversi i temi ricorrenti nelle opere di Ligabue. Per esempio gli autoritratti, attraverso i quali l’artista esprime la sua condizione sofferta e il proprio disagio, una situazione aggravata dalla sua psicosi. C’è poi il mondo naturale e la vita delle campagne, che non abbandonano mai l’arte di Antonio. 

Non per ultimi poi i dipinti probabilmente più iconici della sua produzione, quelli con le belve feroci, con le quali l’artista peraltro si identificava, tanto da assumere i loro atteggiamenti prima di dipingerle. Provava per loro un amore fortissimo e su tutti esercitava uno straordinario potere. Bastava che facesse degli strani gesti con le mani e le braccia ed emettesse con la bocca un leggero sibilo, perché tutti gli animali, come impazziti, gli corressero intorno. I cani scondinzolavano, miagolavano i gatti, i piccioni roteavano intorno alla sua testa, persino le galline gli chiocciavano vicino ai piedi: era uno spettacolo incredibile, mistico e arcano al tempo stesso.

Ligabue, isolato, emarginato, posto quasi al di fuori del consorzio civile, fagotto irsuto di paglia nel bosco, mascherato con una divisa consunta, senza forma prima che senza onore, come lo descrisse Marino Mazzacurati.

Tutta la sua leggenda ruota intorno a questa sua diversità non accettata dagli altri, scontata e pagata con una solitudine popolata da incubi, ma anche riscattata con la genialità della sua pittura.

Il suo chiedere ad ogni donna, che incrociava il suo percorso di vita, Dam un bes”(Dammi un bacio) mostra quanto bisogno d’affetto avesse.

Se un Ligabue dei giorni nostri ce lo chiedesse con quell’espressione stralunata e quei modi di fare strani, quanti di noi sarebbero disposti a dargli “un bès”, che sia d’amore vero e non di compassione?

Nonpertutti

MAMDG

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